In un Primo Maggio che rischia di diventare più la festa dei disoccupati che la Festa dei Lavoratori, Carpi Bene Comune lancia il suo messaggio e il suo impegno a favore dei lavoratori.
I numerosi capannoni svuotati (o rimasti vuoti) svelano ormai l'inutilità dell'enorme cascata di cemento degli anni passati non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello produttivo. Capannoni costruiti per rispondere a processi speculativi (di cui il comune prendeva la sua fetta sotto forma di oneri di urbanizzazione) e poi rimasti vuoti per l'incapacità di creare o mantenere sul territorio vere opportunità di lavoro.
Partire dall'Ente locale per riappropriarsi del diritto al lavoro, con una lotta reale alla precarizzazione del lavoro, una lotta reale alle Cooperative spurie, alle Cooperative con soci lavoratori che allargano la platea dei lavoratori poco tutelati e poco retribuiti, con regole e parametri più rigidi per le gare d'appalto (che che vietino ad esempio il subappalto) e misure specifiche per contrastare le infiltrazioni mafiose.
Sostenere progetti di giovani alla prima esperienza e lavoratori espulsi dal mondo da aziende in crisi che vogliano avviare start-up innovative sostenendoli nel recupero di fabbriche svuotate dai processi speculativi e di delocalizzazione. Nessuna soluzione miracolosa, ma risorse certe e continuative negli anni per creare un piccolo fondo di rotazione, che mano a mano che viene restituito dai primi beneficiari possa alimentare altre iniziative e semplificazione delle pratiche amministrative necessarie.
FabLab Reggio Emilia |
L'Ente locale stesso potrebbe recuperare edifici dismessi (magari anche in prossimità del centro storico) per creare spazi condivisi di incubazione di attività imprenditoriali o avviamento di piccole attività commerciali su scala locale che non possono competere con gli affitti richiesti in città.
Si pensi ai progetti Fab Lab che si stanno diffondendo in tutta Europa e giunti fino alla vicina Reggio Emilia.
Riqualificare i nostri settori produttivi (tessile, meccanico, edilizio, agricolo) per cogliere le opportunità offerte dal cambiamento dei modelli di produzione e consumo delle energie che si stanno affermando nei territori più avanzati e innovativi, associati alla creazione di nuovi circuiti di consumi che favoriscano le produzioni locali e la filiere corte nel settore agroalimentare ma non solo.
Iniziare (non è mai troppo tardi) a ragionare su come aumentare l'autosufficienza energetica del nostro territorio per non investire su settori produttivi destinati fra pochi anni a fermarsi per mancanza di energia a basso costo.
Abbandonare la corsa verso le grandi opere (con la scusa che creano anche lavoro nell'immediato) e dirottare le risorse verso le infrastrutture veramente necessarie e utili a creare e sostenere il lavoro per i prossimi decenni: mobilità sostenibile, rete elettrica intelligente, connessione internet diffusa.
Creare un "centro di formazione permanente" che permetta a giovani e meno giovani espulsi dal mondo del lavoro di fare percorsi innovativi di qualificazione in mestieri vecchi e nuovi.
Partendo da una "scuola delle arti e dei mestieri" dove riappropriarsi di competenze e lavori tipici del nostro territorio prima che scompaiano completamente, dove ricreare manodopera qualificata nel settore tessile, dove formare gli artigiani del futuro, muratori, falegnami, idraulici, elettricisti, fabbri, ecc
Fino ad arrivare ad una “università” della Eco-innovazione dove specializzarsi poi nei campi delle energie rinnovabili, dell'agricoltura biologica, dell'eco-edilizia, sfruttando anche le eccellenze e le avanguardie ancora presenti sul nostro territorio, nell’ottica della condivisione e dell’open source a tutti i livelli.
Perché il Primo Maggio torni ad essere festa per chi lavora!
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