Queste sono le nostre risposte.
Noi pensiamo che le cooperative di costruzione abbiano un ruolo fondamentale nella sfida abitativa dei prossimi anni ma che quel ruolo sia diverso da quello che hanno avuto fino ad oggi.
Da cooperative con proprietà divisa e proposte a basso costo dovranno diventare cooperative ad alto contenuto tecnologico/ambientale in grado di guidare le famiglie nella riqualificazione dell’esistente, in grado di progettare interventi coordinati che vadano oltre alla coibentazione del singolo appartamento o all’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto.
Non è possibile infatti delegare al singolo il compito di analizzare l’edificio oggetto di riqualificazione in modo approfondito e non distruttivo e di intervenire quindi su di esso attraverso modalità appropriate, utilizzando anche tecniche esecutive di elevato carattere innovativo.
Gli interventi di riqualificazione devono essere il frutto di sinergie e collaborazione di più attori, scienze e saperi: sociologia, economia, urbanistica, ingegneria, normativa devono essere gestite e fatte collaborare tra loro.
Ecco allora che le cooperative dovranno giocare il ruolo chiave di coordinare le esigenze delle famiglie (e lo studio puntuale delle esigenze delle singole realtà spesso molto diverse da loro), l’accesso al credito e la programmazione urbanistica ed edilizia dei comuni.
2) Pensa che abbia ancora un senso parlare di una emergenza casa a Modena?
L’emergenza casa c’è, ma non è un’emergenza quantitativa quanto piuttosto qualitativa!
Chiari esempi di questa realtà li abbiamo avuti recentemente in seguito al sisma del 2012, all'alluvione del 2013 e ai continui eventi atmosferici estremi.
Molte famiglie sono alla ricerca di nuove abitazioni in quanto quelle esistenti non soddisfano i criteri necessari di sicurezza o di risparmio energetico.
Molti quartieri residenziali realizzati con tecnologie industrializzate e prefabbricate si presentano, nonostante il breve arco di tempo intercorso, in uno stato di degrado avanzato e richiedono non solo una profonda riqualificazione a scala edilizia, ma anche il risanamento urbanistico delle aree, lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi connessi.
Alle cooperative spetta anche una riflessione critica sulle modalità di costruire i quartieri e gli edifici in passato, e questa riflessione costituirà la base di partenza per l’inquadramento del problema della riqualificazione sostenibile.
3) Nonostante i tanti alloggi sfittì è ancora alta la domanda di case in proprietà. Se lo spiega? Che soluzioni propone per soddisfare questo segmento di popolazione?
Le motivazioni sono diverse e complesse: senza dubbio anni (decenni) di mercato “drogato” hanno portato alla creazione di meccanismi difficili da smontare in tempi brevi.
La contemporanea crescita degli affitti e l’illusoria riduzione dei mutui ha portato ovviamente molti ad affrontare in modo sconsiderato l’acquisto della prima casa, come ha fatto sembrare “normale” l’acquisto di grosse autovetture a rate e finanche il finanziamento a rate delle vacanze. Il problema non è “come soddisfare questo segmento di popolazione” ma come ridimensionare le aspettative di quel segmento di popolazione che non può sostenere l’indebitamento necessario.
Esiste senza dubbio una domanda di alloggi, a canoni bassi, per le fasce a basso reddito, a cui non viene data risposta.
Ma in un mercato “sano” l’opzione più economica dovrebbe essere quella dell’affitto, al secondo posto quella del recupero dell’esistente, al terzo posto quella della ricostruzione su suolo già edificato e la più cara di tutte quella della costruzione su suolo vergine, non il contrario! Se avviene il contrario vuol dire che qualcosa sta viziando il mercato.
Ad esempio, perchè la regione Emilia Romagna concede fino a 35.000€ a fondo perduto per l’acquisto di alloggi in pronta consegna o in corso di costruzione e non per l’acquisto di alloggi usati o la riqualificazione del proprio alloggio?
Nel nostro programma, a proposito di questo punto, abbiamo inserito la revisione dei canoni di affitto concordato perchè crediamo che la vera risposta sia puntare alla riduzione degli affitti.
4) In questi mesi si è parlato e straparlato di aree F, di PEEP... Lei ritiene che sia ancora attuale Costruire una politica per la casa che ruota attorno alla concessione di aree a basso costo come è stato possibile fare coi PEEP?
L’unica cosa che non può e non deve essere svenduta a basso costo in tutto questo meccanismo è il suolo pubblico. Poichè quella è una risorsa finita, non riproducibile e, in una certa misura, di proprietà collettiva.
Nel nostro “piano casa comunale” proporremo un piano di investimenti pluriennali in immobili usati da destinare a ERP.
5) Tutti giustamente insistono sul recupero del patrimonio esistente, ma fino ad oggi questa tipologia di offerta è rimasta uno slogan. Lei ha qualche idea da suggerire, magari con esempi, per allineare i costi di recupero e riuso di case a quelli praticati nell’edilizia economica popolare che consenta di offrire una proposta credibile a chi ha bisogno di casa?
Da tutto quello che abbiamo detto finora direi che per noi questo è tutt’altro che uno slogan.
Ci sono incentivi statali (50% o 65%) per gli interventi singoli, più la possibilità da regolamento edilizio dell'aumento delle cubature al 30%. Poi si può pensare a snellire gli iter burocratici. In sede di revisione del PRG, si possono trasformare in abitativo le fabbriche dismesse inserite nel tessuto urbano e concedere una serie di agevolazioni ad IMU, TASI, TARES, ecc a tutti i progetti di ristrutturazione che non consumino nuovo suolo.
1) Lei pensa che le cooperative a proprietà divisa con proposte a basso costo e tipologie innovative abbiano ancora un ruolo dentro le politiche dell’abitare?
Noi pensiamo che le cooperative di costruzione abbiano un ruolo fondamentale nella sfida abitativa dei prossimi anni ma che quel ruolo sia diverso da quello che hanno avuto fino ad oggi.
Da cooperative con proprietà divisa e proposte a basso costo dovranno diventare cooperative ad alto contenuto tecnologico/ambientale in grado di guidare le famiglie nella riqualificazione dell’esistente, in grado di progettare interventi coordinati che vadano oltre alla coibentazione del singolo appartamento o all’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto.
Non è possibile infatti delegare al singolo il compito di analizzare l’edificio oggetto di riqualificazione in modo approfondito e non distruttivo e di intervenire quindi su di esso attraverso modalità appropriate, utilizzando anche tecniche esecutive di elevato carattere innovativo.
Gli interventi di riqualificazione devono essere il frutto di sinergie e collaborazione di più attori, scienze e saperi: sociologia, economia, urbanistica, ingegneria, normativa devono essere gestite e fatte collaborare tra loro.
Ecco allora che le cooperative dovranno giocare il ruolo chiave di coordinare le esigenze delle famiglie (e lo studio puntuale delle esigenze delle singole realtà spesso molto diverse da loro), l’accesso al credito e la programmazione urbanistica ed edilizia dei comuni.
2) Pensa che abbia ancora un senso parlare di una emergenza casa a Modena?
L’emergenza casa c’è, ma non è un’emergenza quantitativa quanto piuttosto qualitativa!
Chiari esempi di questa realtà li abbiamo avuti recentemente in seguito al sisma del 2012, all'alluvione del 2013 e ai continui eventi atmosferici estremi.
Molte famiglie sono alla ricerca di nuove abitazioni in quanto quelle esistenti non soddisfano i criteri necessari di sicurezza o di risparmio energetico.
Molti quartieri residenziali realizzati con tecnologie industrializzate e prefabbricate si presentano, nonostante il breve arco di tempo intercorso, in uno stato di degrado avanzato e richiedono non solo una profonda riqualificazione a scala edilizia, ma anche il risanamento urbanistico delle aree, lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi connessi.
Alle cooperative spetta anche una riflessione critica sulle modalità di costruire i quartieri e gli edifici in passato, e questa riflessione costituirà la base di partenza per l’inquadramento del problema della riqualificazione sostenibile.
3) Nonostante i tanti alloggi sfittì è ancora alta la domanda di case in proprietà. Se lo spiega? Che soluzioni propone per soddisfare questo segmento di popolazione?
Le motivazioni sono diverse e complesse: senza dubbio anni (decenni) di mercato “drogato” hanno portato alla creazione di meccanismi difficili da smontare in tempi brevi.
La contemporanea crescita degli affitti e l’illusoria riduzione dei mutui ha portato ovviamente molti ad affrontare in modo sconsiderato l’acquisto della prima casa, come ha fatto sembrare “normale” l’acquisto di grosse autovetture a rate e finanche il finanziamento a rate delle vacanze. Il problema non è “come soddisfare questo segmento di popolazione” ma come ridimensionare le aspettative di quel segmento di popolazione che non può sostenere l’indebitamento necessario.
Esiste senza dubbio una domanda di alloggi, a canoni bassi, per le fasce a basso reddito, a cui non viene data risposta.
Ma in un mercato “sano” l’opzione più economica dovrebbe essere quella dell’affitto, al secondo posto quella del recupero dell’esistente, al terzo posto quella della ricostruzione su suolo già edificato e la più cara di tutte quella della costruzione su suolo vergine, non il contrario! Se avviene il contrario vuol dire che qualcosa sta viziando il mercato.
Ad esempio, perchè la regione Emilia Romagna concede fino a 35.000€ a fondo perduto per l’acquisto di alloggi in pronta consegna o in corso di costruzione e non per l’acquisto di alloggi usati o la riqualificazione del proprio alloggio?
Nel nostro programma, a proposito di questo punto, abbiamo inserito la revisione dei canoni di affitto concordato perchè crediamo che la vera risposta sia puntare alla riduzione degli affitti.
4) In questi mesi si è parlato e straparlato di aree F, di PEEP... Lei ritiene che sia ancora attuale Costruire una politica per la casa che ruota attorno alla concessione di aree a basso costo come è stato possibile fare coi PEEP?
L’unica cosa che non può e non deve essere svenduta a basso costo in tutto questo meccanismo è il suolo pubblico. Poichè quella è una risorsa finita, non riproducibile e, in una certa misura, di proprietà collettiva.
Nel nostro “piano casa comunale” proporremo un piano di investimenti pluriennali in immobili usati da destinare a ERP.
5) Tutti giustamente insistono sul recupero del patrimonio esistente, ma fino ad oggi questa tipologia di offerta è rimasta uno slogan. Lei ha qualche idea da suggerire, magari con esempi, per allineare i costi di recupero e riuso di case a quelli praticati nell’edilizia economica popolare che consenta di offrire una proposta credibile a chi ha bisogno di casa?
Da tutto quello che abbiamo detto finora direi che per noi questo è tutt’altro che uno slogan.
Ci sono incentivi statali (50% o 65%) per gli interventi singoli, più la possibilità da regolamento edilizio dell'aumento delle cubature al 30%. Poi si può pensare a snellire gli iter burocratici. In sede di revisione del PRG, si possono trasformare in abitativo le fabbriche dismesse inserite nel tessuto urbano e concedere una serie di agevolazioni ad IMU, TASI, TARES, ecc a tutti i progetti di ristrutturazione che non consumino nuovo suolo.
Crediamo che spetti a chi vuole urbanizzare nuovo territorio, costruire nuovi insediamenti, magari di grandi dimensioni, fornire i calcoli di una maggiore economicità di queste operazioni rispetto a ristrutturare, riqualificare e migliorare l'esistente. I limiti di una espansione continua e illimitata sono sotto gli occhi di tutti: i costi sociali di una cementificazione non pienamente ponderata diventano economici e collettivi nel momento in cui si deve riparare i danni di fenomeni come inondazioni o terremoti.
Nessun commento:
Posta un commento