sabato 26 aprile 2014

"Contro il diritto a costruire"

In una intervista per la presentazione del libro "8 mq al secondo" Domenico Finiguerra parla anche dei cosiddetti "diritti edificatori" spesso invocati come ultima giustificazione da un Consiglio Comunale che non ha il coraggio di riportare la gestione del proprio territorio nella giusta direzione.

"Nel libro riprendo l’elaborazione e le tesi del professor Paolo Maddalena, già vicepresidente della Corte Costituzionale. Da studioso del Diritto romano, egli afferma che la proprietà collettiva prevalga su quella privata, perché è pre-esistente. Oggi però la proprietà condivisa del territorio è stata soppiantata dal ‘diritto edificatorio’, un concetto figlio di una logica privatistica che manca però di riconoscerne -e in questo contraddice la Costituzione- la funzione sociale.
L’articolo 42 afferma infatti che chi ha un pezzo di terra può disporne, ma solo se questo produce benessere condiviso: negli ultimi 50 anni è passata invece la vulgata secondo cui esisterebbero presunti ‘diritti edificatori’, insistendo sul fatto che quando c’è uno strumento urbanistico che ‘contiene’ milioni di metri cubi di cemento questa situazione è immodificabile. Dobbiamo però considerare che la proprietà privata è riconosciuta dalla legge, mentre quella collettiva -funzionale a un benessere di tutti i cittadini- è riconosciuta dalla Costituzione: quest’ultima dovrebbe perciò prevalere.

Alcune sentenze emesse dalla Corte Costituzione e anche dal Consiglio di Stato negli ultimi anni affermano questo principio, riconoscendo che un consiglio comunale -che è espressione di una comunità- ha sempre in capo, e mantiene, il diritto di decidere che cosa fare di una determinata porzione del territorio comunale. Ciò significa che è possibile riportare un’area, che per un determinato periodo ha avuto status ‘edificabile’, nella condizione di terreno agricola o area verde, qualora lo sviluppo edificatorio non abbia avuto 'esito': le decisioni e le scelte possono essere modificate. Queste sentenze riportano la gestione del territorio nella giusta dimensione: la potestà è in capo all’ente pubblico."

Qui l'intervista completa:
http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=4605

1 commento:

  1. La questione dei "diritti edificatori" e delle possibili cause civili a cui un comune sarebbe sottoposto negandoli è quantomeno dubbia.
    I dubbi, a me, vengono paragonando questi ad altri diritti acquisiti e poi negati in nome del benessere collettivo.
    Faccio un esempio: un farmaco, il VIOXX, che era stato autorizzato nel Luglio del 2000 e che poi è stato ritirato nel Settembre del 2004, anche in questo caso il benessere collettivo ha prevalso sul diritto (tutelato dalla legge!) del privato. (Vedi http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/quando-un-farmaco-viene-ritirato)
    E nessuno insorge, nemmeno il più liberista dei liberali.
    Altro esempio: un'industria, ILVA, che aveva tutte le autorizzazioni necessarie prima della legge sulle emissioni di diossina, che deve chiudere perché la tutela del benessere collettivo prevale sul diritto del privato. (Vedi http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=ILVStoriaDellIlva).
    Altro esempio: molti diritti acquisiti per trivellazioni petrolifere nei fondali oceanici sono state revocate o negate dopo l'incidente Deepwater Horizon (Vedi http://www.greenstyle.it/storie/deepwater-horizon).
    Altro esempio: La Regione Emilia Romagna ha appena revocato i diritti acquisiti di qualsiasi attività di perforazione per ricerca di idrocarburi nel dubbio che possano essere legate ad eventi sismici.
    (Vedi http://bologna.repubblica.it/cronaca/2014/04/15/news/terremoto_la_regione_ferma_le_trivelle_in_tutta_l_emilia-romagna-83639486/)
    Ed è ovvio che negando ad alcune imprese il "diritto a costruire" si potrebbero danneggiare anche dei lavoratori, come è ovvio che succede ritirando un farmaco o bloccando un'industria, e quindi non è quello il problema insuperabile.
    E allora qual'è?
    Forse l'ostacolo che non si riesce, o non si vuole superare, è ammettere che il territorio è un bene della collettività prima che un interesse di privati e che l'eccessiva e inutile cementificazione del territorio ha portato e porterà ad un danno grave e irreversibile al benessere collettivo.
    Presa coscienza di questo credo che ogni altro ostacolo sarebbe superabile.

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